ORDINAZIONE SACERDOTALE di Don Giuseppe Lavorato

Cattedrale - Teramo
25-06-2011

 

Liturgia della Parola:
Prima lettura: Dt 8, 2-3.14b-16a
Salmo 147
Seconda Lettura: 1Cor 10,16-17
Vangelo: Gv 6, 51-58

 

Carissimi Confratelli nel Sacerdozio, Seminaristi, Religiosi e Religiose, Carissimo Peppino, Mons. Rettore, Formatori e Amici, Genitori e Familiari  di don Giuseppe, e voi tutti Fratelli e Sorelle nell’unica fede in Gesù Cristo, Pace e Gioia a voi tutti!

 

  1. Benvenuti in questa nostra Cattedrale per celebrare e contemplare quel Mistero, unico ed inseparabile, che si è compiuto nel Cenacolo, dove il Signore Gesù volle  celebrare la Sua Pasqua con gli Apostoli, prima della Sua Passione. Istituì l’Eucaristia, Sacramento mirabile della Sua presenza tra noi, legandola, in modo inscindibile, al ministero sacerdotale, alla vita del Sacerdote, consegnando agli apostoli uno  speciale mandato con le semplici e sublimi parole: fate questo in memoria di me! [Lc 22,19b]

 

  1. Nel Cenacolo ci ritroviamo noi tutti spiritualmente anche in questo momento, come in ogni Santa Messa e grazie alla celebrazione liturgica della solennità del Corpus Domini, fissata al termine del ciclo pasquale, conclusosi con la Pentecoste. La Chiesa ci invita a sostare, con rinnovato stupore e desiderio di approfondimento, proprio grazie all’Eucaristia festiva, in contemplazione dei misteri della nostra fede: quello della Santissima Trinità, domenica scorsa, e quello dell’Eucaristia, da questa sera. E noi vogliamo approfittare di questo invito della liturgia per lodare e ringraziare il Signore, riscoprendo con gioia e trepidazione, come il mistero celebrato ed il mistero contemplato si presentano a noi in un modo unitario: Eucaristia e Sacerdozio.

Questo grazie all’Ordinazione Sacerdotale del nostro diacono don Giuseppe Lavorato, per noi tutti con affetto: Peppino.

 

  1. Noi sacerdoti siamo invitati, ancor più oggi, a sostare per riflettere sulla nostra identità, sulla nostra dignità, sulla nostra responsabilità, sentendo riecheggiare quelle stesse parole pronunciate dal Signore in momenti diversi: nel segno della moltiplicazione dei pani, nelle catechesi itineranti, specie nella sinagoga di Cafarnao (Gv 6) e nel Cenacolo. Non possiamo ignorare che i gesti e le parole del Maestro prima suscitarono stupore, meraviglia e reazioni contrastanti anche tra i discepoli, ma, poi, dopo averLo visto processato, condannato, immolato sulla croce, sepolto e risuscitato, ne colsero pienamente la verità, compresero pienamente il “mandato” loro affidato in quell’Ultima Cena, lo accettarono e ne assunsero sino in fondo la responsabilità.

Non dimentichiamo la successione di questi momenti! E mi rivolgo in modo particolare a voi, miei carissimi sacerdoti, perché ciò che stiamo per vivere sia percepito non solo come il dono incessante che  lo Spirito fa alla nostra Chiesa, sia attraverso di noi, nell’Eucaristia, sia attraverso la vocazione di Peppino che oggi viene consacrato sacerdote, ma, soprattutto, come un’occasione per prendere sempre più coscienza di come Dio abbia voluto associarci direttamente al Suo essere presente nel mondo sotto le specie eucaristiche.

 

  1. Anche per voi, carissimi fedeli, questa celebrazione sia una catechesi sul duplice mistero dell’Eucaristia e del Sacerdozio, doni eccelsi che, in modo diverso, sono stati anche a voi conferiti nel Battesimo, dovendo partecipare all’Unico sacerdozio di Cristo: tutti noi diventiamo quell’offerta gradita al Padre proprio nella Celebrazione Eucaristica e, in qualche modo, tutti ne siete ‘ministri’ pur se la vostra offerta passa attraverso la mediazione della Chiesa e del ministero del sacerdote. Un’offerta sacrificale che ci coinvolge. Infatti, Eucaristia e Sacerdozio sono intimamente legati alla nostra vita di fede: il ‘pane vivo disceso dal cielo’ è il nostro nutrimento che ci sostiene nella vita, che ci rivela la nostra identità di viandanti, che mantiene viva la nostra tensione verso la meta definitiva.

La Parola di Dio che abbiamo ascoltato è il ‘primo nutrimento’, la ‘catechesi permanente’ che il Signore rivolge al Suo popolo ogni qualvolta lo convoca intorno all’altare. Tutto questo ci aiuta ad entrare sempre più e sempre meglio nel Mistero per cogliere il senso della nostra vita nell’orizzonte dell’Amore di Dio.

 

  1. Carissimo Peppino, in questa Celebrazione Eucaristica tu sarai ordinato sacerdote, giungerai ad una meta che hai atteso a lungo. Mentre leggevo le letture che la liturgia odierna ci ha fatto proclamare, le ho quasi viste, nella meditazione, come una sorta di  promemoria che Dio oggi  vuole consegnarti prima che, attraverso l’imposizione delle mani e la preghiera del Vescovo e, quindi,  la preghiera della Chiesa, tu assuma pienamente il ministero sacerdotale.

Penso, però, che anche voi, carissimi fratelli sacerdoti, e voi tutti fratelli e sorelle in Cristo, in virtù dell’unico sacerdozio a cui ho già accennato, possiate meditare su alcune frasi che ho scelto di evidenziare dalle letture. Ognuno di noi ha una propria storia e ogni volta che ascoltiamo la Parola di Dio dobbiamo rileggere la nostra vita alla luce di ciò che il Signore ha da dirci.

Dunque, nella prima lettura abbiamo ascoltato delle espressioni che rimandano alla storia personale, non solo ricordi, bensì rilettura alla luce dell’esperienza di fede e della scoperta di una relazione personale scaturita dall’iniziativa di Dio:

Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto”(Dt 8,2a)!

Caro Peppino,  indubbiamente hai percorso tanta strada prima di arrivare al sacerdozio e se oggi sei qui non puoi ignorare la mano che ti ha accompagnato, la guida che ti ha sostenuto …  che non corrispondono solo alla tua volontà e alla tua determinazione, ma, anche e soprattutto, all’azione della grazia di Dio che ha risvegliato nel tuo cuore, in tanti modi e attraverso situazioni, persone ed ambienti diversi la tua fede facendola diventare sempre più convinta e più forte.

È la pedagogia di Dio, che non si impone ma si offre all’uomo conducendolo per mano e rispettando i suoi tempi:

“per sapere quello che avevi nel cuore” (Dt 8,2b), qual era la tua attesa più grande, il tuo desiderio, la tua via. L’hai dovuta scoprire e riscoprire con calma e con la pazienza e la speranza del contadino.

“Per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore” (Dt 8,3b); hai avuto modo, in questi anni, di approfondire sempre più la Parola del Signore e proprio perché essa è stata per te nutrimento,  è divenuta  luce che ti ha guidato e ti ha indicato la direzione,  la stessa luce che ha suscitato in te la fame di Dio, del Suo amore, della Sua parola. E allora

“Non dimenticare il Signore Tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile che per te ha fatto scaturire l’acqua dalla roccia durissima e ti ha donato la manna nel deserto” (cfr Dt 8,14-16). Solo tu sai a quali ricordi di situazioni ti rimandano queste parole. Certamente non si tratta di forzare una lettura del proprio passato, ma certamente di “allenarsi” a riconoscere la “mano del Signore” nella tua vita.

 

  1. Carissimi fratelli e sorelle, tutto questo sta a dimostrare la perenne attualità di una Parola che, pur attraverso secoli, e millenni ha conservato la caratteristica di essere un messaggio personale per ciascuno di noi. È il valore “sacramentale della Parola, quando è proclamata durante la celebrazione eucaristica” [Esort. Apost. Verbum Domini, 54-55]. La grazia dello Spirito ci aiuta a comprendere in modo autentico, intimo e comunitario, per illuminare il senso della nostra vita: con rinnovato stupore possiamo intuire che il mistero dell’amore di Dio ed il mistero della vita dell’uomo che si incrociano sempre.

Chi di noi sa cosa gli accadrà domani? Eppure proprio quando il tempo è già passato e guardiamo indietro non possiamo che renderci conto della grazia che ci ha guidato e che ci ha sostenuto. E questa è la fede che si incarna, è la fede che noi dobbiamo sperimentare come dialogo permanente con il Signore e del Signore con noi. È questa la vita del battezzato, che vuol essere e vivere da discepolo del Signore.

 

  1. Eucaristia e Sacerdozio. Cari fedeli, mentre voi ascoltate queste parole come un insegnamento, come una vera catechesi, noi sacerdoti le ascoltiamo con ‘timore e tremore’ perché nel celebrare l’Eucaristia noi celebriamo la presenza stessa di Dio e di Essa diventiamo responsabili:

“Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue non avrete in voi la vita” (Gv 6,53). Abbiamo ascoltato delle parole che ci inducono, dire quasi necessariamente, a vedere tutto in una prospettiva spirituale: è quella del grande dono che Dio ha voluto fare in Cristo a noi. Nello stesso tempo non possiamo ignorare, alla luce dell’evento dell’Incarnazione, di comprendere cosa Dio ha voluto dirci e ha voluto darci con questo ‘mangiare la sua carne e bere il suo sangue’: parole che ci riportano alla mente immagini incredibili riferite ai primi tempi della vita della chiesa nella quale la cultura del popolo di Israele reagiva pensando al ‘sangue’ che era l’anima, il principio vivente e non poteva essere ‘bevuto’. Eppure Cristo ha detto questo, parole dal significato autentico e non semplicemente simbolico.

“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6.56). Ecco il dono del Suo corpo e del Suo sangue come cibo e come bevanda!. Quando fa riferimento al Suo rapporto con il Padre, il Mistero della Trinità che abbiamo contemplato domenica scorsa ‘come tu, Padre sei in me e io in te …’ (Gv 17,21), Cristo ci mostra il dono dell’Eucaristia. Unendosi a noi nella comunione sacramentale e per la potenza dello Spirito Santo, ci unisce al mistero trinitario.

 

  1. E perché deve essere un motivo di ‘timore e tremore’ per noi, cari confratelli, carissimo Peppino? Perchè siamo noi chiamati e costituiti in persona Christi capitis, per pronunciare il ‘prendete e mangiate questo è il mio corpo’ offerto in sacrificio per voi’ (cfr Lc 22,19-20). Noi ripetiamo le parole del Signore che, mentre hanno valore consacratorio-epicletico e di viva memoria per l’azione dello Spirito Santo, hanno direttamente a che fare con la nostra vita! Sì, quelle parole sono strettamente connesse alla risposta che dobbiamo dare a Colui che ci ha chiamato, che ha suscitato in noi il desiderio di seguirlo e di diventare suoi discepoli perché stessimo con Lui, perché condividessimo la Sua stessa vita, il sacerdozio.

“Colui che mangia me vivrà per me”! (Gv 6,57b) Viviamo allora per il Signore e per poter vivere per Lui dobbiamo vivere come Lui. Ecco il senso della consacrazione, il senso del celibato, il senso di una vita austera, il senso della dedizione, il valore dell’obbedienza intesa non come semplice esecuzione di una volontà altrui, ma come obbedienza alla volontà del Padre, obbedienza a Dio che si esprime nella storia attraverso coloro che il Signore ha costituito e ha posto nella sua Chiesa. Tutto ciò che un sacerdote è chiamato a vivere nel suo ministero dipende strettamente da ciò che vive nella Celebrazione Eucaristica. Non è possibile vivere diversamente, altrimenti si corre il rischio di essere  ‘sdoppiati’ o di vivere come “maschere”.

La vita del sacerdote è una vita eucaristica a tal punto da rendere colui che riceve un ministero concreto in una comunità concreta, capace di credere alla Presenza dell’unico corpo nutrito dall’unico Pane e di sentire l’intima comunione con il popolo, con la comunità nella quale e per la quale è chiamato a vivere il ministero stesso. Quanto abbiamo ascoltato nella seconda lettura, dall’Apostolo Paolo è una spiegazione chiara nella sua sinteticità. Allora sentiamo profondamente vera questa dimensione dell’unico corpo, in virtù dell’unico pane di cui ci nutriamo nella comunità parrocchiale, nella diocesi e, quindi, nella Chiesa intera. Ecco la nostra grande responsabilità che deve divenire motivo della nostra gioia, di quella felicità che viene dalla grazia di Dio senza la quale non potremmo nulla e, per questo, seguiamo una ‘buona scuola’, quella degli Apostoli che fino a quando non hanno ricevuto il dono dello Spirito vagavano con timore, ma Maria li ha, poi,  raccolti nuovamente nel Cenacolo.

 

  1. Caro Peppino, mantieni viva questa memoria della Parola che il Signore oggi ti ha affidato, di tutto ciò che tra poco, nella preghiera di ordinazione, la chiesa ti dirà, attraverso la mio voce.

E voi, carissimi fratelli e sorelle, non cessate, anzi intensificate la vostra preghiera per Peppino e per le vocazioni sacerdotali e religiose: il mondo oggi ha bisogno dei ministri di Dio, ha bisogno di ascoltare una voce autentica, una voce vera. Ha  bisogno di una ‘testimonianza credibile” offerta dai ministri ordinati e dai cristiani adulti, ‘per una speranza affidabile’, come ci ripete spesso Benedetto XVI, al quale rivolgiamo il nostro pensiero e la preghiera per l’imminente 60° anniversario di Ordinazione Sacerdotale (il prossimo 29 giugno).

Questa ‘speranza affidabile’ noi la troviamo nell’Eucaristia, unica certezza che va sempre oltre proiettandoci nell’attesa della sua venuta. Una speranza che non ci fa ripiegare su noi stessi perché scaturisce naturalmente dal Sacramento che è posto nelle nostre mani; è insita nel mistero del Pane di Vita che, come diceva Sant’Agostino, non siamo noi a trasformare ciò che mangiamo, ma è Cristo che ci trasforma in ciò che noi mangiamo, assimilandoci a sé.

E sempre Sant’Agostino ci aiuta a comprendere la dinamica della comunione eucaristica quando fa riferimento ad una sorta di visione che ebbe, nella quale Gesù gli disse: “Io sono il cibo dei forti. Cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me” (Conf. VII, 10, 18).

Che questo avvenga per te, per tutti quanti voi, carissimi sacerdoti, e anche per voi cari fedeli perché nella Celebrazione dell’Eucaristia vi unite a Cristo mediante la comunione.

Maria, Madre di Cristo e Madre nostra, definita primo tabernacolo della storia, ci insegni a vivere nella piena comunione con il Figlio suo!

AMEN.

Michele Seccia
Vescovo