In questi giorni, tanti giovani da ogni parte del mondo, in corrispondenza del 10 agosto (notte di San Lorenzo) sono stati con gli occhi rivolti al cielo nella speranza di vedere una stella cadente. Con questi sentimenti, in occasione della preparazione all’anno giubilare 2025 “Pellegrini di Speranza” indetto da Papa Francesco, ho invitato i giovani della Diocesi assieme al nostro Vescovo Leuzzi a ritrovarci assieme domenica 11 agosto, alle ore 21.00 nel prato del Santuario Santa Maria in Herulis di Ripattoni, per un momento di Catechesi e di Adorazione sotto le stelle. Il tema proposto è stato: Scruta le stelle e… ascolta.
Nella Sacra Scrittura, il Samo 8 dice: «Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?». In questo Salmo, non troviamo solo lo stupore dell’uomo nello scoprirsi dentro un cielo stellato che lo precede ma anche in cui si riconosce di esserne in qualche modo partecipe, in relazione con esso. Nella Scrittura com’è noto sono numerosi i rimandi alle stelle come sentinelle luminose del Regno, come firma di bellezza all’opera di Dio.
Come ci insegna la storia del popolo ebraico e di tutti i grandi popoli antichi, è guardando il cielo che si pongono le grandi domande. La Bibbia racconta che quel Dio che ha liberato Israele dalla schiavitù d’Egitto è lo stesso che ha creato le stelle, le galassie, l’universo e ciò che noi siamo. Da sempre il cielo è una domanda di senso e una promessa di infinito. Sappiamo che c’è sempre bisogno di poeti, capaci di cantare la fascinosa solitudine della luna. Servono altresì scienziati per cercare anche tra gli astri la radice del nostro abitare la terra. Ma mai dovranno mancare notti come quelle di San Lorenzo in cui nell’uomo si risveglia la natura primordiale di affidare desideri.
Pensando ai giovani, chi non si è mai fermato almeno una volta nella sua vita a guardare il cielo stellato? A lasciarsi interrogare o esprimere un desiderio?
Al centro della catechesi è stato proposto ai giovani una riflessione proprio sulla parola: desiderio. La parola desiderio viene dal latino desiderium, una parola composta dalla preposizione de, che in latino ha un’accezione privativa, e da sidus che significa letteralmente, stella. Desiderare significa quindi avvertire la mancanza delle stelle, la nostalgia delle stelle, che se ci pesiamo bene, è la nostalgia nel cuore dell’uomo della stella originaria, Dio. Papa Francesco, commentando il racconto del Vangelo della stella cometa e dei Magi, dice: Abbiamo bisogno di interrogativi, di ascoltare con attenzione le domande del cuore; perché è così che spesso parla Dio, il quale si rivolge a noi più con domande che con risposte. Desiderare quindi significa tenere vivo il fuoco che arde dentro di noi e ci spinge a cercare oltre l’immediato, oltre il visibile. È accogliere la vita come un mistero che ci supera, come una fessura sempre aperta che invita a guardare oltre. Il grande pittore, Van Gogh, scriveva che il bisogno di Dio lo spingeva a uscire di notte per dipingere le stelle. Sì, perché Dio ci ha fatti così: impastati di desiderio.
Guardare il cielo stellato la notte è stupendo! Certo! Ma basta solo questo per essere felici? non desidero viverlo?
Papa Francesco, parlando ai giovani disse: Dovremmo volgere più spesso lo sguardo alle stelle, segno dell’infinito che c’è in ognuno di noi, quella briciola di infinito che Dio ha messo dentro ogni creatura. Questo alzare la testa e guardare le stelle, sta a significare che c’è qualcosa di grande nel nostro cuore, qualcosa che mi porto dentro, qualcosa che va scoperto e di cui sono abitato: una chiamata. L’uomo è anzitutto un chiamato.
La chiamata, dice Papa Francesco è lo stupore di incontrare qualcuno che ti sta aspettando. Lo vuoi incontrare, ma è lui che ti viene incontro per primo. Il primo passo lo compie sempre il Signore, è lui che cerca la persona, che rivolge per primo la parola. Nessuna fatica e paura possono resistere alla voce del chiamante. La vocazione è anzitutto ascoltare, fidarsi e abbandonarsi.
Ascoltare può sembrare qualcosa di molto semplice, automatico, abituale, ma non è proprio così. Ascoltare, soprattutto oggi è diventato sempre più difficile e complesso. In un mondo pieno di cose e situazioni, di caos, di rumori, ci allontaniamo sempre più dal silenzio, luogo indispensabile per l’ascolto. Accanto al silenzio, c’è anche un altro elemento indispensabile, che spesso ignoriamo: il tempo. Contro la cultura dell’attivismo di oggi, per ascoltare c’è bisogno soprattutto del tempo, dedicare del tempo a se stessi, il tempo per ascoltare è quel momento in cui non si corre, non si va di fretta, non si è superficiali.
Ufficio Diocesano Pastorale Vocazionale
Direttore
Don Attilio Ricci