Carissimi fratelli e sorelle,
in religioso ascolto abbiamo accolto in noi la Parola del Signore. Invochiamo lo Spirito Santo perché quanto abbiamo ascoltato e quanto stiamo per vivere in questa celebrazione – che esprime la vera identità della Chiesa e della nostra chiesa particolare – diventi un’esperienza di fede, un impegno e, un programma di vita per quanti non solo credono, ma intendono anche vivere la fede come diceva Gesù a Marta: “chiunque vive e crede in me…” (Gv 11,26).
La nostra vita è manifestazione della nostra fede perché la fede non può ridursi ad un semplice sentimento interiore; e questa fede ci porta a dire che l’azione dello Spirito, che agisce attraverso i segni sacramentali, realizza anche la comunione cioè il vincolo più profondo che fa della Chiesa di Cristo un’unica realtà sacramentale. In questo momento così importante sentiamo la comunione che abbiamo con il Santo Padre Benedetto XVI, all’inizio del settimo anno del suo ministero petrino; con i Vescovi d’Italia e del mondo intero, in particolare ricordiamo oggi i Vescovi delle chiese che sono ancora perseguitate, tutti i Vescovi dei confratelli qui presenti che vengono da altre parti del mondo e che ci fanno così respirare la cattolicità della Chiesa e l’universalità della fede. Pensiamo anche alla comunione reale ed indispensabile tra il Vescovo e i presbiteri, tra i presbiteri e i laici perché sia l’anima ed il lievito della nostra azione pastorale. Questa comunione si manifesta nel modo più completo nella Celebrazione dell’Eucaristia e nella benedizione degli Oli: fa di noi una comunità di uomini e donne segnati dall’unzione spirituale per formare il popolo santo di Dio.
L’orazione iniziale di questa liturgia ci ha offerto una mirabile sintesi di quanto abbiamo ascoltato e di quanto stiamo per vivere con una mirabile sintesi:
O Padre che hai consacrato il tuo unico Figlio,
con l’unzione dello Spirito Santo
e lo hai costituito Messia e Signore,
concedi a noi, partecipi della sua consacrazione,
di essere testimoni nel mondo
della sua opera di salvezza.
‘Partecipi della sua consacrazione’: la benedizione degli oli avviene sulla soglia del Triduo pasquale – che inizieremo questa sera con la messa In Coena Domini – ed evidenzia come la salvezza trasmessa dai segni sacramentali, scaturisca proprio dal Mistero pasquale di Cristo. Infatti, ricordava il Papa ieri all’Udienza Generale, ‘noi siamo redenti con la sua morte e risurrezione e, mediante i Sacramenti, attingiamo a quella medesima sorgente salvifica’. Per tutto l’anno liturgico ‘questi Oli verranno adoperati per i Sacramenti del Battesimo, della Confermazione, delle Ordinazioni sacerdotale ed episcopale e dell’Unzione degli Infermi’.
Olio che consacra, olio che profuma,
olio che risana le ferite, olio che illumina.
Questo ritornello di un canto della liturgia odierna risvegli in noi tutti l’azione dell’unzione santa che ci ha segnati alla nostra nascita nel fonte battesimale, nell’adolescenza con il crisma, nella sofferenza o per una consacrazione speciale finalizzata al ministero sacerdotale o episcopale.
Carissimi, noi siamo tutti partecipi, seppur a titolo diverso e per una diversa funzione, della stessa unzione del Cristo, di cui ci ha parlato il Profeta nella prima lettura e Luca nel brano evangelico, insistendo sull’OGGI salvifico di Cristo. Quest’OGGI che noi come Chiesa continuiamo a vivere nella memoria di quanto celebriamo: non è un evento del passato, ma un’azione reale della presenza di Cristo che si attualizza mediante lo Spirito, ma anche mediante la nostra accoglienza, la nostra responsabilità, il nostro impegno.
Cristo stesso – dice il Prefazio – comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti, e con affetto di predilezione sceglie alcuni tra i fratelli che mediante l’imposizione delle mani fa partecipi del suo ministero di salvezza.
Carissimi sacerdoti, mi rivolgo ora a voi in modo particolare: con il rinnovo delle promesse sacerdotali ricorderemo, tra poco, gli impegni assunti nel giorno dell’Ordinazione per essere totalmente consacrati a Cristo nell’esercizio del ministero presbiterale a servizio dei fratelli. E’ un momento importante, è il momento in cui non possiamo dimenticare che siamo stati ‘segnati dal sigillo dello Spirito’, che le nostre mani sono state unte con il sacro crisma proprio per poter prendere tra esse il Corpo e il Sangue del Signore, per poter assolvere i fratelli dai peccati, per poter essere noi viva memoria e per poter agire ‘in’ e ‘come’ Cristo, in Lui e come Lui.
Il Figlio di Dio – ci ha ricordato la Lettera agli Ebrei (4,15 ss) ed anche la lettura breve dell’Ora Media – è un grande sacerdote che sa compatire le nostre infermità essendo stato Lui stesso provato da ogni cosa, fuorché nel peccato. E, allora, accostiamoci con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazie ed essere aiutati al momento opportuno.
Cari fratelli nel sacerdozio, ritroviamo l’amore e l’entusiasmo di un tempo perché la grazia non sia ricevuta invano, mentre vediamo che le forze diminuiscono e le esigenze pastorali aumentano. Ritroviamo ogni giorno nella Celebrazione Eucaristica la consolazione e l’audacia fondate nella certezza che il Signore è con noi, non ci lascia soli, ci chiede di essere suoi strumenti docili e innamorati di Lui, perché la grazia possa agire e rendere efficace il nostro ministero, ma in modo a Lui solo noto e non in base alle nostre statistiche umane o alle nostre attese: l’importante è che ciò che facciamo e ciò che siamo sia sempre secondo il cuore di Cristo Buon Pastore.
E allora è bello in questo momento ringraziare il Padre per il dono della vocazione e del sacerdozio così come vogliamo ricordare i nostri confratelli che quest’anno raggiungono una tappa particolare nel loro ministero: don Mario Piunti, 60 anni di sacerdozio; don Tommaso Cimini, don Ivo Di Ottavio, don Nicola Iobbi e don Nicola Recchiuti, 50 anni di sacerdozio; don Antonio Bartolacci, 25 anni di sacerdozio. Sono tappe importanti, ma saranno tappe – ed io ve lo auguro di cuore – di rinnovata giovinezza dello spirito per poter essere, oggi e sempre, sacerdoti di Cristo e della Chiesa.
Ricordiamo anche che dallo scorso anno ad oggi, mentre abbiamo due nuovi sacerdoti consacrati con il crisma benedetto appunto l’anno scorso (Don Patrik e Don Sergio), abbiamo altri 6 confratelli che sono tornati alla Presenza del Padre e partecipano alla liturgia celeste: don Annibale Tassoni, don Michele Clemente, don Vincenzo Scarpone, don Nicola Maraini, don Emidio Maiaroli e il carissimo don Franco Marcone che ci ha lasciato una testimonianza che io vi invito a non dimenticare, un esempio che è e sarà seme fecondo per la nostra chiesa. Noi, nella verità e nell’umiltà, dobbiamo prendere atto della testimonianza che ci ha lasciato questo giovane confratello non ancora trentacinquenne eppure giunto alla maturità della fede e del dono di sé. Certo, il Signore gli ha fatto un dono, e non si spiega diversamente, di prevedere e formulare un suo testamento spirituale, con tre anni di anticipo, l’offerta totale della sua vita scrivendo: sono stato crocifisso con Cristo; non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me (Gal 2,20). E a quel tempo, non c’era nessun cenno della sua malattia, quando don Franco scriveva le sue ultime volontà il 10 aprile 2008. Un dono è stata anche la testimonianza consegnata dai i cappellani dell’ Ospedale di Perugia che lo hanno assistito: don Franco è morto chiedendo la benedizione e benedicendo; per oltre un mese non ha potuto ricevere l’Eucaristia ed il suo più grande desiderio è stato esaudito quando, all’ultimo momento, il cappellano gli ha portato Gesù nella teca deponendola tra le mani per qualche istante. Ecco un sacerdote innamorato nell’Eucaristia e che ha trovato proprio nell’Eucaristia il senso della propria vita e della dedizione totale. Ed un altro esempio che ci deve far riflettere è la sua passione per il ministero, nonché la dedizione verso i giovani da lui considerata come una vera missione pastorale, dal momento che la sua presenza al Liceo Scientifico Aeronautico di Corropoli non si limitava alle ore di lezione, per le quali ha sempre rifiutato lo stipendio nei cinque anni di insegnamento.
Don Franco e tanti sacerdoti che ci hanno preceduti nel ritorno alla casa del Padre, restano esempi di testimonianza e di fedeltà sino alla morte; ora ci guardano dall’alto e ci sono vicini nella comunione dei santi: che siano per noi motivo di orgoglio del nostro presbiterio.
Mentre facciamo i conti con le forze che diminuiscono, l’età che avanza, le esigenze che crescono per far fronte a tutte le richieste di tanti fedeli e di alcune comunità che si sentono abbandonate, mi chiedo quanti si pongano veramente e con serietà il problema delle vocazioni! In quante famiglie si continua a pregare perché il Signore susciti all’interno della stessa famiglia una vocazione al sacerdozio o alla vita religiosa o all’esperienza missionaria: se non preghiamo vuol dire che non ne sentiamo il bisogno, pur pretendendo la presenza del sacerdote.
Dobbiamo chiedere al Signore di aiutarci a vivere in questa prospettiva e ringraziamolo perché anche con il crisma di quest’anno, fra qualche mese, ordinerò due sacerdoti, uno per la nostra diocesi, Giuseppe Lavorato, e un religioso conventuale di Villa Lempa nel Santuario della Madonna dei Lumi: ciò significa che ci sono i semi che continuano a portare frutto e ne dobbiamo essere grati.
Cari sacerdoti, abbiamo pregato ancora per essere ‘testimoni nel mondo della sua opera di salvezza’, quindi, non dimentichiamo mai che anche a noi il Signore chiede di essere testimoni nel mondo della sua opera di salvezza, come diceva il Risorto agli Apostoli, sia nel Cenacolo prima, sia quando li manda, poi, ad annunciare il Vangelo. Quanto descritto dal profeta e dal Vangelo non è un semplice elenco di attività miracolistiche, ma è l’attuazione dell’opera redentrice di Cristo che Egli stesso ha operato e che affida a noi nel tempo assicurando la Sua presenza e la presenza dello Spirito Santo. Oggi il mondo ha bisogno urgente di questa testimonianza e, a noi, è chiesto di essere credibili nell’esercizio del ministero e nella vita quotidiana.
Ed ora a voi, carissimi fedeli, vi ringrazio per la vostra presenza. Un saluto particolare ai cresimandi. Ne ho visti molti e auguro loro che questa celebrazione li aiuti a capire meglio il senso della Cresima che riceveranno e l’unzione crismale con la quale diventeranno ‘adulti nella fede e testimoni dei Cristo’. Carissimi fedeli, vi invito tutti a prendere coscienza, in modo gioioso e responsabile, dell’essere ‘partecipi della consacrazione di Cristo per essere testimoni nel mondo della sua opera di salvezza’.
La vostra presenza nella comunità diocesana o parrocchiale o associativa non può prescindere da questa verità di fede appena ripetuta: è questo il motivo autentico dell’impegno ecclesiale e dell’esercizio della corresponsabilità e della comunione, dono dello Spirito, che ci fa sperimentare la gioia di essere insieme ‘nella barca di Pietro’.
L’esperienza che sto vivendo durante la Visita Pastorale è per me motivo di lode al Signore, ma anche di continua richiesta di grazia perché il Buon Pastore susciti, tra voi e per voi, tanti e santi sacerdoti innamorati di Cristo e testimoni autentici del Vangelo.
Cari fedeli pregate per i vostri sacerdoti, pregate perché siano fedeli al dono che hanno ricevuto, assisteteli e sosteneteli nel momento della difficoltà, ma anche nell’adempimento del ministero in quanto siete stati segnati anche voi con l’unzione crismale e, quindi, partecipate all’annunzio del Vangelo ed alla costruzione della Chiesa, esercitando quella “corresponsabilità” che tante volte ho richiamato nelle Lettere Pastorali e negli incontri.
Tra poco, nel rinnovare le promesse sacerdotali, ci uniremo ai sacerdoti di tutto il mondo, con il Santo Padre, perché il nostro dire ‘sì’ ancora una volta al Signore che ci ha chiamati ci aiuti a non perdere mai fiducia e coraggio, ma ad andare avanti nella certezza che Dio ci precede, Dio ci sostiene, Dio porta a compimento l’opera che Lui stesso ha iniziato.
Maria, la Madre Addolorata e la Regina del Cenacolo, vegli su di noi, ci assista oggi e sempre e ci aiuti, soprattutto, a vivere questo Triduo pasquale nel modo migliore con il quale possiamo riscoprire con gioia il nostro essere sacerdoti di Cristo e della Chiesa.
Teramo, 21 Aprile 2011 Michele