Messa in Coena Domini

Giovedì Santo 2010
01-04-2010

 

Carissimi,

La Parola che abbiamo ascoltato ci fa entrare nel Cenacolo di Gerusalemme per rivivere quel primo Giovedì Santo partecipando alla Cena del Signore.

Ricostruiamo l’ambiente, grazie alla descrizione dei Vangeli Sinottici, e saliamo al piano superiore per entrare nella sala preparata con cura per la Cena Pasquale ebraica, …

Nel guardarci intorno sentiamoci anche noi invitati a partecipare a questa cena della prima Alleanza e, cosa ben più importante, cerchiamo di entrare nel cuore del Maestro, di comprendere almeno qualche frammento dei sentimenti di Cristo che consapevole dell’imminenza della sua ORA, si mette a tavola con gli apostoli.

E inizia il rito della benedizione, del memoriale. Come abbiamo appena ascoltato dal libro dell’Esodo (1 lettura): gli ebrei ricordano quella notte in cui, dopo aver sacrificato un agnello, con il suo sangue dovevano tingere gli stipiti delle porte delle loro abitazioni, come segno di appartenenza al popolo eletto, pronto ad uscire dalla schiavitù dell’Egitto e mettersi in marcia verso la Terra Promessa. Avendo sperimentato la fedeltà di Dio che li aveva accompagnati sempre anche nei momenti difficili nel deserto, ai piedi del monte Sinai, nelle tante prove del viaggio, non potevano dimenticare quella notte, né l’agnello e il suo sangue, né l’ordine di Dio: Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come rito perenne” (Es 12,14).

Così Gesù, raccolto nel cenacolo con i suoi dà inizio alla cena, al memoriale della prima Alleanza  … ma i suoi gesti e le sue parole cominciano ad assumere un significato nuovo, sorprendente per i presenti che attoniti si guardano cercando di comprendere ciò che sfugge alla loro ragione.

Il pane azzimo è spezzato secondo il rito … ma le parole sono diverse: Questo è il mio Corpo che è per voi; fate questo in memoria di me!

Il calice del vino è preso per la preghiera di benedizione … ma le parole sono diverse: Questo calice è la nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo ogni volta che ne bevete, in memoria di me!

Parole entrate nel vissuto della nostra fede. Parole che non ritroviamo nel vangelo di Giovanni perché già espresse con chiarezza nella lunga catechesi a Cafarnao sul pane di vita (Gv 6), ma che l’Apostolo Paolo ricorda alla Comunità di Corinto, trasmettendo ciò che anch’egli ha ricevuto, ed aggiunge:

Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

Entriamo nel tempo di Dio, nel nostro tempo, carissimi: passato (morte di Cristo) presente (l’oggi della memoria) futuro (il compimento atteso della sua venuta). Ed ogni nostra celebrazione eucaristica, carissimi fratelli e sorelle, sia una partecipazione attiva e consapevole a questa Cena preparata da Cristo per noi che, come gli Apostoli, dobbiamo giungere alla comprensione del mistero d’amore nel quale Cristo ci ha voluto inserire e renderci partecipi!

Cerchiamo di immaginarci al posto degli apostoli. Cosa avrà voluto dire il Maestro? Parole antiche, parole attinte alla fede plurisecolare del popolo della prima alleanza, proprio per questo suonano strane: un Alleanza Nuova? Possibile? Cosa ci aspetta?

Ma quella sera, qualcosa di più sconvolgente stava per verificarsi.

Il Maestro si alza da tavola, prende un asciugamano, se lo cinge intorno alla vita e si china per lavare i piedi ai suoi discepoli!

Quale assurdità per un Maestro! Si piega a fare  ciò che compete solo ai servi, agli schiavi! È Lui che deve lavare i piedi impolverati dei suoi apostoli … nonostante tutte le resistenze di Pietro e la perplessità degli altri.

Sì. Cristo ha voluto lavare le impurità, le sozzure, non solo dei piedi degli apostoli, ma di tutta l’umanità … anche le nostre. Un gesto che traduce sino all’evidenza l’essersi fatto in tutto simile a noi, fuorché nel peccato, ma assumendo su di sé il peccato del mondo, i peccati degli uomini, perché siano riconciliati con il Padre.

Ma perché tutto questo? Un gesto così radicale e concreto? Un gesto che spiega in modo visibile, prima ancora della tremenda passione gestita da gente accecata dall’odio, prima ancora dell’innalzamento sulla croce, cosa significa: è il mio corpo offerto in sacrificio per voi!  E l’unica ragione è rendere manifesto l’amore di Dio in Cristo per l’umanità. Per amore e solo per amore! Un amore sino alla fine! Un amore senza limiti e distinzione tra chi è più buono e chi tradisce, chi si lascia fare e chi rinnegherà! Vale la pena ricordare che anche Giuda, oltre a Pietro e gli altri dieci apostoli, è presente nel cenacolo!

Quando Gesù riprende posto a tavola lascia la consegna ai suoi apostoli, ancora attoniti: Vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come ho fatto io (Gv 13,15).

Carissimi, entriamo personalmente con tutta la nostra fede, le nostre domande, la nostra speranza, le nostre fragilità in questo evento che ci riguarda personalmente. Non restiamo impassibili spettatori di un rito del passato, quasi di una sacra rappresentazione di eventi di altri tempi.

Ogni volta che partecipiamo all’Eucaristia, nell’ascoltare le parole “fate questo in memoria di me” non dimentichiamo che il gesto della lavanda dei piedi è inseparabile dal banchetto eucaristico. Proprio come il fare la comunione deve essere inseparabile dall’ essere in comunione con Cristo e i fratelli.

È questo l’invito che  Gesù si rivolge a noi OGGI.